Se la Cassazione dimentica il diritto alla bigenitorialità, le vittime sono i figli.

I Servizi Sociali dovrebbero avere varie funzioni. Ogni anno costano un sacco di soldi. Soldi pagati dai cittadini in nome di uno stato sociale che deve garantire, a chi si trovi in situazioni di difficoltà, il rispetto dei diritti umani fondamentali.

Come non considerare tra questi diritti umani il diritto di un bambino ad avere un papa’ ed una mamma? La legge lo prescrive e i servizi sociali comunali sicuramente hanno titolo per intervenire laddove difficoltà di tipo economico pongano in pericolo i diritti di minori.

Di fronte ad una qualsiasi accusa anche solo verbale di abuso su minori, il nostro sistema ben nutrito di onlus create ad hoc, è capace di spendere centinaia di migliaia di euro al fine di mettere in atto tutta una serie di accertamenti volti a provare se l’abuso ipotizzato sulla base di indicatori assolutamente ASPECIFICI sia vero o meno. E il nostro sistema poi traccia anche le statitistiche per giungere a dire che il 92% delle accuse di abuso formulate in concomitanza di una separazione di coppia, è infondata e che tuttavia i minori sottoposti a questi accertamenti finiscono poi per vivere un trauma psicologico vero e proprio equivalente ad un abuso realmente perpretato. Un disastro. Inutile dire che per i colpevoli dell’abuso simulato che ha distrutto la vita dei minori, nessun colpevole sara’ mai cercato e che nessuno mai paghera’ un euro che sia un euro di risarcimento.
(FONTE DATI)

E’ alla luce di queste considerazioni che una recente sentenza di cassazione lascia tutti allibiti facendo ben intendere che in assenza di una vera legge che tuteli il diritto dei figli ad avere un papa’ ed una mamma, il rischio della cosiddetta AMPUTAZIONE GENITORIALE è dietro l’angolo.

Infatti, secondo una sentenza della Corte Supema dei giorni scorsi, se la madre vuol farsi mantenere dai genitori, è legittimata a privare i figli del padre.

Ecco la storia tratta da cassazione.net

Lei? Porta via i figli dal loro «habitat» per portarli al paesello d’origine, un «contesto arcaico e rurale». A lui non basta giocare la carta dello sradicamento della prole per ottenere l’affido dei minori e la revoca dell’assegno di mantenimento. La scelta, osservano i giudici, è compiuta nell’interesse dei figli: l’affidataria cerca nella famiglia d’origine, residente nelle campagne del Sud, quel sostegno anche economico che l’esiguo contributo a carico dell’ex coniuge da solo non è in grado di assicurare. È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 19 maggio 2011 dalla prima sezione civile della Cassazione.

Confermato l’affidamento dei figli alla signora, nonostante il trasferimento da un ridente cittadina balneare del Centro come Senigaglia a una ruspante e piccola località pugliese. Sarà pure “arretrato” il contesto sociale meridionale in cui dovranno ambientarsi i figli, ma certo è che nulla si può rimproverare alla signora: ha dimostrato di saper fare il ruolo di madre e decide di tornare al paese d’origine perché là ha i genitori che possono prendersi cura dei bambini, mentre i 200 euro al mese che le passava l’ex marito non bastano di certo.

Doppia batosta per lui: il mantenimento aumenta a 450 euro mensili perché l’onerato ha finito di pagare il mutuo, diventando proprietario dell’ex casa coniugale. Incensurabile la motivazione della decisione di merito, censurata per la (presunta) mancata comparazione fra i contesti sociali di vita dei figli prima e dopo il trasferimento voluto dalla madre.
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